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~ “Se avessi sempre la risposta a tutto, insegnerei teologia a Parigi”

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Archivi Mensili: aprile 2010

il partigiano Benda

22 giovedì Apr 2010

Posted by ziacassie in Senza categoria

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la storia siamo noi, promemoria, quelli bravi


 

Edoardo Guglielmino
             
Nato a Catania il 28 maggio 1924, deceduto a Genova il 25 agosto 2009, medico, consigliere nazionale dell’ANPI.
 
Si era laureato giovanissimo all’Università di Genova specializzandosi in ginecologia, ma era ancora studente quando, giovane socialista, era entrato nella Resistenza. Col nome di battaglia di “Benda”, il ragazzo era diventato partigiano in Val Borbera.
Nell’inverno del 1944 ad Arquata Scrivia (AL), per incarico del capitano Ghigliotti di “Giustizia e Libertà”, raggiunge un piccolo distaccamento a Pobbio, sul monte Ebro e di qui si trasferisce a Dovanelli, presso Cabella Ligure, dove diventa comandante di squadra. Quando la Divisione garibaldina “Pinan-Cichero” organizza un’infermeria per i partigiani feriti o malati, è “Benda” che si prende cura, con grande professionalità e dedizione, dei suoi compagni di lotta.
Dopo la Liberazione, Guglielmino si impegna nella sua professione, ma non dimentica gli ideali per i quali aveva combattuto e si era sacrificato durante l’occupazione nazifascista. Consigliere nazionale dell’ANPI, apprezzato collaboratore di Patria indipendente, Edoardo Guglielmino ha lasciato un gran vuoto tra i democratici e gli antifascisti genovesi.
 
Dal sito:
http://www.anpi.it/uomini/guglielmino_edoardo.htm

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partire è un po’ morire: departures

12 lunedì Apr 2010

Posted by ziacassie in Senza categoria

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cinema

Uscire dalla visione di questo film e pensare di tornare alla vita frenetica, rimontare in auto e metterla in moto, sentire litigare sul bus, o solo fare la coda alla cassa del supermercato, è un pugno alla bocca dello stomaco.
Quando questo film finisce si avrebbe bisogno di un quarto d’ora di silenzio per pensare, e non di vedere tutti scattare verso l’uscita.
E’ un film capace di dare pace, non eterna: una pace interiore.
Ho letto da qualche parte che è un film che non da risposte, ma crea domande, e penso che per ognuno siano domande diverse.
Il ragazzo che si avvicina a questo lavoro con riluttanza e anche un po’ di  fastidio – dichiara di non aver mai visto prima di quel momento una cassa – finirà, attraverso l’insegnamento del suo capo, con l’amarlo per le sensazioni che il risultato dello stesso lavoro suscita negli altri, ma anche in se stesso.
Occuparsi degli altri per renderli belli e quasi vivi nel momento in cui stanno per partire per il loro ultimo viaggio, nel momento del commiato dai propri cari, è un arricchimento che il protagonista non ha messo in conto: sarà quello il modo in cui, quelli che restano, ricorderanno il loro caro che parte e saranno riconoscenti di poterlo ricordare così.
Forse sì, c’è qualche momento, per noi occidentali, troppo lento, ma persi in questa atmosfera di calma, se ne gode.
Scatta la lacrima sull’ultima scena e non c’è da sentirsi retorici ne melò: ritrovare un padre dopo trent'anni, e poterlo vedere solo morto, e sapere che anche se non era presente ti ha sempre pensato fa scattare, secondo me, più di una lacrima anche al più spietato dei serial killer.

Il ritorno di Trelkovsky (e anche di Polanski)

12 lunedì Apr 2010

Posted by ziacassie in Senza categoria

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cinema


Come ho già scritto varie volte da una trentina di anni circa, da quando cioè ho letto i romanzi di Chandler, ho cominciato a pensare che se lo scrittore riesce a catturare la mia attenzione per tutto il libro, di capire poi tutto sino in fondo, per me non è poi così importante.
Chandler è così bravo a raccontare storie che alla fine poi sapere come è andata passo per passo è l’ultima cosa che mi interessa.
Seguirlo in quella confusione di nomi che si sommano, appaiono, muoiono, tornano, è quasi impossibile, mi lascio andare all’ambiente, alle atmosfere, alle apparizioni di donne bellissime e quasi sempre pericolosissime, e poi mi lascio portare dalla corrente.
La stessa cosa vale per i film.
 
(altra cosa, è per esempio il caso de Il nastro bianco, ne avevo già scritto, dove si mette in piedi una storia, basandosi solo su una serie di avvenimenti e solo su quelli, e poi non si arriva al dunque, lasciando presagire che potrebbe essere tutto e il contrario. Alla fine della proiezione ho sentito dire a molti: e allora?)
 
Gli avvenimenti che non hanno spiegazioni, secondo me, vanno bene solo per le storie di fantasmi, case maledette, vampiri ed altri eventi sovrannaturali.
 
Tornando al film.
Io non sono riuscita a farmi interessare la storia della Cia e del primo ministro, perché ho seguito da subito una meravigliosa storia all’interno della prima: il rifacimento de L’inquilino del terzo piano da parte del regista.
Ho giocato tutte le due ore e dieci con le analogie, pensando a un Polanski maturo che si divertiva a far rivivere al suo ghost writer la stessa esperienza di Trelkovsky, all’interno di una storia odierna, al posto che una storia grottesca:  vivere in una stanza dove ha già vissuto un’altra persona che è morta, cercare di uscire da quel luogo ma vedersi riportare nella stessa stanza, trovare le foto così come Trelkovsky trova nel muro un dente, o toccare i vestiti dentro gli armadi, restare da fantasma a sua volta stregato.
A quel punto del giallo, della cia, della moglie, del primo ministro non me ne è importato quasi più nulla: mi sono lasciata portare: da  quel luogo bellissimo e angosciante al tempo stesso, una prigione su un’isola, da quell’omino che continua a spazzare inutilmente foglie che si accumulano senza tregua, al viso del vecchio incontrato per caso, alla vetrata sul nulla.
La prima inquadratura, l’auto col nulla dentro, ed ecco si è già dentro al film.
The ghost che seguirà l’auto, la stessa che lo porterà dove vuole, così come Trelkovsky ordinerà delle sigarette e gliene porteranno delle altre.
Ho letto molte recensioni perché mi pareva impossibile che descrivessero questo film hitchockiano, e nessuno vedesse l’analogia con il grandissimo se stesso dei tempi andati (ne ho trovato solo una).
Nei film di Hitchcock c’è sempre un lieto fine, il cattivo paga e il bene arriva: niente delitti perfetti, niente ladre che la scampano, niente figlie che non guariscono. Polanski non ha nulla di Hitchcock, non ha mai avuto nulla ne è mai stato un regista di trhiller, di film grotteschi se mai, di storie piene di cattiverie gratutite (e bellissime). Dal finale del paradossale di Per favore non mordermi sul collo a quello di Chinatown e di Frantic.
Polanski non risparmia il dolore.
Nessun finale consolatorio nei sui film, così come non sono consolatorie le storie che ha scelto per tramutare in film.
Morirà il fantasma, così come Trelkovsky: era già scritto.

pubblicità progresso

08 giovedì Apr 2010

Posted by ziacassie in Senza categoria

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fanculoteegliangeli, pubblicità progresso

Ogni favola è un gioco

06 martedì Apr 2010

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cinema, vita di zia

 

Il piccolo Nicolas e i suoi genitori  è un film delizioso.
No.
E’ bellissimo.
Non so quanto sia ben girato, so che il cast è perfetto, e che ho riso tanto, ho riso alle lacrime.
Sono andata a vederlo pensando forse ad un film carino, e invece mi sono ritrovata a sperare che non finisse più, che andasse avanti in eterno.
Nicolas è un bambino di otto anni, leggermente suggestionabile, e tra le parole del compagno di scuola che racconta piccoli particolari che secondo lui spiegano lo stato di gravidanza della madre,  lo stato in casa dopo la nascita del fratellino, l’assenza del bambino stesso da scuola, l’interrogazione della maestra sulla favola di Pollicino, e il fraintendimento di alcuni discorsi dei genitori, si convince che sta per arrivare un fratellino e che lui verrà portato a perdere nel bosco.
Da qui parte la storia che vede protagonisti i bambini e il mondo che li circonda: maestre, direttori, genitori, capi ufficio, bidelli.
E’ un punto di vista bambino, un po’ fiabesco e un po’ sospeso in un mondo che non c’è più.
Ambientato in Francia alla fine anni 50: le case e le persone color pastello, la scuola e i vestiti dei ragazzini – rigorosamente calzoni corti, anzi cortissimi ad eccedere nelle caricature – grigi.
Non sapevo nulla di Nicolas sino a domenica.
E’ stato un grande successo in Francia e le avventure di Nicolas nascono dalla penna di René Goscinny nel 1959 , illustrate da Jean-Jacques Sempé.
Nel film si vede sfogliare la rivista Pilote, e – per l’ennesimo guaio combinato dai bambini  –  prendere spunto da una storia di Asterix: ed è proprio su  questa rivista che le storie di  Nicolas muovono i primi passi e la citazione è appropriata ed estremamente garbata, perché è stato lo stesso Goscinny a scrivere le prime storie dei famosi galli (altra citazione sulla storia dei galli in un fuori campo a scuola) e quelle di Lucky Luke.
Goscinny morirà nel 1977 a soli 51 anni durante un test sotto sforzo.
All’inizio del film il piccolo Nicolas, non sa cosa scrivere nel tema proposto dalla maestra “Cosa vorrete fare da grandi”.
Alla fine del film, Nicolas avrà capito quale sarà il suo mestiere: far ridere la gente.
E a me piace pensare che ci sia un po’ della magia di Goscinny in Nicolas.

“Se avessi sempre la risposta a tutto, insegnerei teologia a Parigi” (Guglielmo da Baskerville in "Il nome della rosa")
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